Il Terra Sancta Museum attraverso gli occhi di un archeologo israeliano
David Gurevich è direttore dell’Istituto di Archeologia dell’Università di Ariel. Appassionato delle affascinanti scoperte di Gerusalemme, è una guida turistica autorizzata da oltre vent’anni. Ha conosciuto il Terra Sancta Museum – Museo Archeologico del Studium Biblicum Franciscanum (SBF) grazie alla sua rete professionale. Da allora accompagna regolarmente gruppi di appassionati, studenti e studiosi tra le collezioni del museo. Lo abbiamo intervistato per comprendere uno dei contributi scientifici più significativi dell’istituzione.
David, può parlarci delle sue ricerche a Gerusalemme e delle sue scoperte?
Mi specializzo nello studio di Gerusalemme durante il periodo romano, in particolare nell’epoca del Secondo Tempio. Ho iniziato il mio dottorato studiando le grandi vasche d’acqua della città, utilizzate principalmente dai pellegrini. In certi periodi dell’anno, come la Pasqua, la popolazione di Gerusalemme aumentava enormemente, ed era fondamentale gestire l’approvvigionamento idrico per soddisfare le necessità dei pellegrini. Nel corso delle mie ricerche ho scoperto numerose cisterne, situate soprattutto fuori dalle mura della città, che servivano a immagazzinare l’acqua nei periodi di maggiore afflusso. Questi ritrovamenti forniscono preziose informazioni sulla gestione dell’acqua dell’epoca e sul suo ruolo nella vita sociale e religiosa degli abitanti di Gerusalemme.
E i suoi progetti di ricerca attuali?
Attualmente sto completando uno studio sulla Fortezza Antonia di Gerusalemme, di cui sto ricostruendo l’architettura. Correlando i testi di Flavio Giuseppe con i dati archeologici, ho scoperto che l’Antonia era una torre molto alta, circa 120 x 35 metri, situata nei pressi del sito dove oggi sorge il Terra Sancta Museum. Nella mia ricerca mostro come si sia sviluppato l’assalto militare romano contro il Monte del Tempio durante la Prima Rivolta (70 d.C.), mettendo in relazione i testi storici e le evidenze archeologiche.
Un altro progetto a cui partecipo riguarda la celebre Pietra di Magdala, scoperta in una sinagoga risalente al tempo di Gesù (I secolo d.C.). Questo manufatto è unico, e gli archeologi faticano a spiegarlo pienamente. Il mio team adotta un approccio completamente diverso: collaborando con ingegneri meccanici, architetti e persino designer industriali, applichiamo un metodo di “ingegneria inversa”.
Ha menzionato il Terra Sancta Museum. Perché lo consiglia?
È una tappa imprescindibile per chiunque sia interessato alla storia e all’archeologia. Porto spesso gruppi in visita perché conserva scoperte fondamentali, come la collezione di ossari ebraici rinvenuti a Dominus Flevit.
Queste cassette di pietra, usate per raccogliere le ossa, offrono una prospettiva unica sulla vita quotidiana della comunità ebraica del I secolo. Ad esempio, studiando i nomi incisi sugli ossari, possiamo capire quali lingue si parlavano al tempo di Gesù. Il museo propone inoltre una mostra in costante evoluzione, con nuovi reperti e scoperte che arricchiscono la nostra comprensione di Gerusalemme e del suo passato.
C’è un oggetto del museo che l’ha particolarmente colpita?
Il mosaico di Magdala è affascinante. Raffigura un pesce e una barca, simboli piuttosto rari nei contesti ebraici di quell’epoca. Inoltre, vi è rappresentato un misterioso oggetto simile a un polpo, collegato alla cultura dei bagni romani, che suscita interessanti interrogativi sulle pratiche sociali e religiose della popolazione locale. Probabilmente si tratta di un insieme di strigili, raschiatoi usati per pulire la pelle nei bagni termali. Gli ebrei del I secolo evitavano i bagni pubblici romani, e non abbiamo alcun esempio di terme pubbliche a Gerusalemme. Forse le persone che realizzarono questo mosaico avevano una visione diversa della questione?
Come ricercatore, cosa pensa dello sviluppo del museo?
È un luogo straordinario. Il Terra Sancta Museum continua a crescere di anno in anno, ed è un vero piacere vedere nuovi spazi e collezioni aperti al pubblico. Il futuro piano dedicato alle iscrizioni, che presenterà anche scoperte provenienti da fuori della Terra Santa, è particolarmente promettente. È fondamentale che questi ritrovamenti restino accessibili, e sono lieto di vedere i Francescani investire tanto per farne un’istituzione di primo livello. Desidero anche lodare i curatori del museo per aver reso le esposizioni e lo spettacolo multimediale disponibili in più lingue, compreso l’ebraico.



