13 Dicembre 2022

Alla scoperta delle icone palestinesi di Gerusalemme

di HENRI DE MEGILLE

Nel novembre 2022, abbiamo seguito per voi un tour che ci ha portato alla scoperta delle icone religiose della Scuola di Gerusalemme nella Città Vecchia. Durante la visita abbiamo ammirato le icone di due dei luoghi più emblematici gerosolimitani: San Giacomo degli Armeni e San Jacob (adiacente al Santo Sepolcro).


Organizzate dal team di mediazione del Terra Sanca Museum, queste visite vogliono agevolare la comprensione di questo patrimonio da parte di un pubblico appartenente a fedi diverse. Questo tour è unico perché permette di visitare le cattedrali armene e greche di Gerusalemme, solitamente chiuse al pubblico. Nuove date sono in programma per gennaio.

© Baha Abu Shanab.
© Baha Abu Shanab.

Alle origini dei primi seguaci di Cristo

Per comprendere le icone della Scuola di Gerusalemme, bisogna tornare al tempo delle prime comunità cristiane e quindi alla Cattedrale di San Giacomo, porta d’accesso al quartiere armeno nella città vecchia. Giacomo, “fratello di Gesù”, martirizzato nel 44 da Erode Agrippa, fu il primo vescovo di Gerusalemme. La sua testa è conservata qui, mentre il suo corpo si trova in Spagna, a Compostela.

La cattedrale, costruita sul luogo dove la tradizione colloca la casa dell’apostolo Giacomo, fu sede del primo concilio ed è considerata la chiesa più antica del mondo. Le sue origini sono datate al I secolo e le strutture più antiche ancora visibili risalgono al X secolo, ben prima delle Crociate.

Sulle pareti sono collocate numerose icone raffiguranti il ciclo della Vergine Maria e di Gesù, dalla Natività alla Pentecoste. Al piano superiore troviamo invece i santi dell’Antico Testamento e i primi martiri dopo Santo Stefano.

Durante le messe, la cattedrale è illuminata solo da lampade a olio. Questa scelta di mantenere una liturgia tradizionale, dove la lampada rappresenta gli oratori e l’olio la fede, viene perseguita nonostante questo causi l’oscuramento dei dipinti. Questa scelta ci rammenta che una chiesa non deve essere un museo, ma un luogo vivo dove si professa il culto, anche a scapito della conservazione delle opere esposte. Queste considerazioni liturgiche non impediscono al clero armeno di pianificare una grande campagna di restauro nel prossimo futuro.

© Baha Abu Shanab.

L’ultimo laboratorio di icone palestinesi in Gerusalemme

La visita prosegue nel cuore del quartiere armeno, in un laboratorio dove l’arte delle icone viene tramandata di padre in figlio: Artin Nalbandian ha fatto rivivere questo stile sacro e ha passato il testimone a suo figlio Gabi, che lo afferrato saldamente. Ci accoglie nella sua casa di famiglia, dove si trova anche il suo studio.

Dal greco eikon, immagine e graphein, scrivere, l’icona per gli orientali non è dipinta: si dice scrivere un’icona e non dipingere un’icona. L’artista ci mostra come lo stile gerosolimitano sia caratterizzato dall’espressione dei volti, dalla scelta dei colori e dalla fascia dorata che si trova nella maggior parte delle icone appartenenti a questa scuola. In quanto oggetto sacro, l’icona è destinata a essere conservata nel tempo per centinaia di anni, per questo motivo i colori sono esclusivamente minerali. Essi vengono incollati al legno utilizzando diverse miscele organiche a base di uova o alcolici (vodka in generale) …

© Baha Abu Shanab.
© Baha Abu Shanab.

Incontro con un’icona dei primi secoli

I cristiani palestinesi promotori della Scuola di Gerusalemme si ispirarono alla tradizione bizantina per decorare il Santo Sepolcro con le loro opere. La maggior parte delle icone si trova nella cattedrale ortodossa di Gerusalemme, dedicata a San Jacob (Mar Yacoub in arabo). Qui ci si riceve il benvenuto di Padre Georges Khader, sacerdote della comunità greco-ortodossa che mostra l’icona più antica della cattedrale, risalente al VI secolo, a cui vengono attribuiti molti miracoli.

Le icone sono probabilmente alcuni dei più antichi oggetti d’arte cristiana, perché permettono agli analfabeti di “leggere” la storia della Bibbia raffigurata su questi pannelli di legno. Esse possono essere considerate, in un certo senso, come i primi vangeli, utilizzate molto prima che le scritture fossero diffuse nella seconda metà del primo secolo.

© Baha Abu Shanab.

Breve storia di un destino contrastato

Dopo il periodo iconoclasta, nel concilio di Nicea II, tenutosi nel 787, si assiste alla riabilitazione delle icone considerate sacre. L’icona per gli orientali è un sacramentale perché rende viva la presenza di Cristo. Questo fu l’ultimo concilio ecumenico prima dello scisma del 1054, che segnò la rottura tra la Chiesa di Roma (Occidente) e la Chiesa di Costantinopoli (Oriente). Dopo la divisione, la Chiesa d’Oriente mantenne viva quest’arte anche attraverso processioni e venerazione da parte dei fedeli che le baciano in segno di rispetto e vi pregano ponendovi candele di cera d’api. 

© Baha Abu Shanab.
© Baha Abu Shanab.

Questa tipologia di arte sacra troverà posto anche nel Terra Sancta Museum.

(Traduzione dal francese a cura di Ilaria Turati)

Per approfondimenti : 
Raphaëlle Ziadé, L’art des Chrétiens d’Orient, Citadelles & Mazenod, Parigi, 2022.

Si ringraziano Hana Irshaid, Eyad Handal del Terra Sancta Museum, Padre Arshak, Padre Khidr Bramki, Artin e Gabi Nalbandian per averci accolto e aver arricchito la nostra conoscenza riguardante le icone di Gerusalemme.

Questo “tour” fa parte del progetto Fursa (Opportunità) finanziato dall’UNFPA in Palestina e reso possibile dalla Burj Alluqluq Social Center Society جمعية برج القلق المجتمعي.

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