6 Aprile 2022

Annunciare l’oscurità: il candelabro dell’Ufficio delle Tenebre

di LOUIS-ADERALD MOINARD

Pezzi eccezionali del patrimonio cristiano latino, i maestosi candelabri delle tenebre conservati dal Terra Sancta Museum sono senza dubbio tra le opere più incomprese e misteriose delle sue collezioni. Infatti, specifici per il tempo di Quaresima e usati solo tre giorni all’anno, il loro uso fu largamente abbandonato poco prima della riforma liturgica del Concilio Vaticano II. In occasione della Settimana Santa, riscopriamo questi oggetti e il servizio molto speciale che hanno presieduto, non molto tempo fa…




Singolari, strani, monumentali e imponenti. Questi candelabri di legno a quindici braccia impressionano i curiosi e interrogano i cattolici nelle sacrestie delle poche chiese che li hanno conservati. Solitari e insoliti, tranne che in alcune parrocchie e monasteri, i candelabri di Tenebra, come quelli offerti dal Regno del Portogallo nel XVIII secolo alla Custodia di Terra Santa, sono le ultime testimonianze di un rito abbandonato durante il pontificato di Papa Pio XII. Questi ultimi, particolarmente massicci ed elaborati, sono disegnati con curve e rientranze, offrendo uno splendore decorativo che contrasta con la serietà e la solennità dell’ufficio per cui sono stati creati.

Per secoli, e fino al 1955, il candelabro delle tenebre è stato il maestro di cerimonie dei mattutini e delle laudi degli ultimi tre giorni della Settimana Santa. Era durante le sere del Triduo Pasquale che i chierichetti portavano faticosamente il pesante candelabro dalla sacrestia, dove giaceva inattivo, al lato destro dell’altare. Il servizio doveva “iniziare in modo tale da terminare dopo il tramonto”, motivo per cui era chiamato “Ufficio delle tenebre”.

Il primo salmo veniva cantato lentamente e gravemente da un coro gregoriano. Questo salmo, che variava secondo il giorno, era cantato come un lamento funebre. Quando finiva, la prima delle quindici candele accese veniva spenta. Poi seguiva un secondo salmo e un terzo. Alla fine di questi tre canti, tre candele erano state spente. Poi, mentre la folla recitava in silenzio il Pater Noster, un solista (di solito un bambino) si faceva avanti e, come in un antico funerale, cantava le lamentazioni del profeta Geremia, tradotte in latino. Le note si allungavano e questi inni emanavano un sentimento di tristezza e dolore, specifico del testo e soprattutto del momento della Settimana Santa: quello dell’agonia e della Passione di Cristo.

Così terminava la prima notte che veniva poi seguita da due altrettanto lunghe, e man mano che gli inni passavano, le candele si spegnevano fino a quando ne rimaneva solo una. Infine, dopo il canto del Benedictus, il chierichetto toglieva l’ultima candela rimasta dal candeliere e la nascondeva dietro l’altare fino alla fine del servizio. Poi il celebrante colpiva il banco con il suo messale, imitato dal resto dei fedeli presenti. Un rumore terribile, quasi assordante, invadeva la chiesa, immersa nell’oscurità, ricordando il terremoto e le tenebre che accompagnarono la morte di Cristo sulla croce.

(traduzione dal francese a cura di Eleonora Musicco)

Condividi
email whatsapp telegram facebook twitter versione stampabile