9 Febbraio 2017

La rissa al San Sepolcro e i candelabri d’argento

(Tesori Veneziani a Gerusalemme)    

La notte della Domenica delle Palme del 1757 a causa di una disputa con dei “sediziosi” monaci Greci Ortodossi armati di mazze ferrate e bastoni uncinati, i Francescani furono cacciati dal Santo Sepolcro e un numero enorme di oggetti votivi, soprattutto lampade e tappezzeria, fu danneggiato, distrutto o rubato. In quell’anno il Sultano Uthmān III concesse ai Greci, che erano arrivati ad assediare il Convento francescano di S. Salvatore, la proprietà su molti Luoghi Santi, tra cui lo stesso Santo Sepolcro. Se a nulla valsero le proteste dei diplomatici e dei sovrani d’Occidente, i frati della Custodia di T erra Santa riuscirono comunque a recuperare un certo numero di oggetto, riottenendo 1400 once d’argento, proprio da quegli oggetti che non potettero essere salvati.

Il Custode, Fra Domenico da Venezia, allora inviò il metallo prezioso a Venezia così che potesse essere fuso per produrre nuovi oggetti liturgici. Il 6 Aprile 1765, infatti, così come testimoniato dal libro delle Condotte, furono inviati a Gerusalemme, su ordine del Commissario di Terra Santa Rev. Padre Giacomo Maria Ferrari:

Due candelieri, otro antoncieri di argento, con figure, netto di argento che pesano tre mila, trecento, e quatro oncie“. Gli oggetti furono prodotti da un anonimo argentiere “nel laboratorio di S. Lorenzo Giustiniano nel 1762,

così come scritto in cifre romane su uno dei tre scudi della base: ANNO DO MDCCLII”. In realtà, da un’analisi più attenta dei punzoni e dei tipi delle figure, non sembra che essi appartengano ad una stessa mano. Queste torciere si basano su tre grandi piedi a forma di cartiglio che danno luogo ad una base fatta di tre pannelli decorati con lo stemma dei francescani, la croce di Terra Santa. Ai bordi della base sono seduti tre Evangelisti ispirati alla tradizione manieristica del XVI sec. Il quarto evangelista, San Marco, è seduto un po’ più sopra.

Dalla base le torciere si prolungano con un elemento a forma di vaso decorato con scene della Passione; Gesù che riceve la croce, la Flagellazione e Cristo oltraggiato, intercalate con delle teste di putti le tre Virtù Teologali seduti con i loro attributi iconografici. Altri episodi della Via Crucis; la Crocifissione, l’incontro con Veronica e quello con Simone da Cirene sono sul bulbo sopra la base. Nella parte superiore la leccarda viene sostenuta da tre angeli a tutto tondo, coronata da una balaustra in bronzo dorato. La splendida bellezza di questi due candelabri ancor oggi arricchisce il presbiterio della chiesa di S. Salvatore, una bellezza che getta luce su una pagina scura delle chiese di Gerusalemme, tanto che nel 1935 in un articolo sui tesori veneziani al Santo Sepolcro, Fra Davide da Portogruaro potette scrivere:

“E così lo sfregio inferto dai greci alla pietà e all’arte dei cattolici fu tramutato, con ammirabile espressione di fede dall’arte veneziana, che fuse gli sparsi rottami, in un più brillante e significativo omaggio alla santità di quei luoghi venerandi”.

Corrado Scardigno

(A.G.PALACIOS, scheda del Catalogo Tresure of the Holy Sepulchre, Château de Versailles, 16 Aprile-14 Giugno 2013, Milano 2013, p. 238; P. D. PORTOGRUARO, Ricordi veneziani al Santo Sepolcro, Rivista di Venezia, 1935, pp. 579-600.)

 

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