24 Febbraio 2022

Resti del Santo Sepolcro in mostra al Terra Sancta Museum

di OLIVIER RENARD

Qualche settimana fa, una squadra di restauratori guidata da Piero Coronas era a Gerusalemme per preparare un’interessante operazione: il trasferimento delle colonne e dei capitelli del Santo Sepolcro nel convento della Flagellazione, nella prossima ala Sylvester Saller della sezione archeologica del Terra Sancta Museum (TSM). Ma cosa sono questi resti e qual è la loro storia? Diamo uno sguardo a questi pezzi unici delle nostre collezioni.


La storia inizia nel 1969, quando viene indetto un grande progetto per un restauro all’interno dell’Anatasis [1] della Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Oltre alla cupola, i lavori mirano anche a ricostruire il colonnato che circonda la tomba di Cristo (fig. 1), sostituito da un muro (fig. 2) sotto il mandato britannico, in seguito agli incendi del XIX secolo che avevano notevolmente indebolito la struttura.

 

All’interno del muro, due resti sono stati scoperti sul lato nord (fig. 3, 4), nella parte appartenente ai francescani di Terra Santa.
Da un lato, due colonne monumentali con capitelli corinzi [2], parte della rotonda (di seguito nominate “complesso A”). Dall’altro, una coppia di colonne d’angolo a forma di cuore, anch’esse con capitelli corinzi. Questi ultimi poggiavano su un blocco di marmo cilindrico ed erano sormontati da un secondo capitello trapezoidale che serviva da sopraluce [3]. Questo secondo insieme (di seguito chiamato “complesso B”) sostiene l’arco d’ingresso del Catholicon [4].

Questi pezzi sono stati gravemente danneggiati e rimossi dalla chiesa. Inizialmente conservati nella spianata d’ingresso della basilica (fig. 5), furono infine trasferiti nell’eremo del santuario del Getsemani (fig. 6, 7, 8).

​​Colonne romane?

La datazione e l’origine dell’insieme sono ancora incerte. Tuttavia, c’è una certa somiglianza tra i vari pezzi, a parte la coppia di capitelli usati come imposta. Secondo padre Virgilio Corbo, archeologo dello Studium Biblicum Franciscanum, questi resti furono collocati al momento della ricostruzione del Santo Sepolcro dall’imperatore Costantino Monomaco, nell’XI secolo.

fig. 9

Una delle ipotesi riguardanti le due colonne del complesso A le attribuisce al regno di Adriano (117-138). Durante il suo regno, l’imperatore ordinò la ricostruzione di Gerusalemme e l’erezione di un tempio sul luogo della tomba di Cristo [5]. Dopo la ricostruzione della chiesa nell’XI secolo, le colonne di questo tempio sarebbero state riutilizzate per costruire una rotonda che circondava il Sepolcro. Tuttavia, le colonne sarebbero state tagliate in due: i resti potrebbero infatti essere sovrapposti per formare un unico pezzo (fig. 9), essendo uno più largo dell’altro e presentando un rilievo che ne segna la base. Tuttavia, questa ipotesi è stata recentemente rivista da un team di archeologi fiorentini, i quali hanno spiegato che – secondo i canoni estetici dell’ordine architettonico corinzio – mancherebbe un terzo dell’altezza della colonna originale.
La storia diventa ancora più complicata se consideriamo che molti degli edifici del regno di Adriano riutilizzavano pietre del periodo erodiano (I secolo a.C. – I secolo d.C.). “Tutta la storia di Gerusalemme, tutta la sofferenza di questa città e la sua distruzione è contenuta in queste colonne”, commenta padre Eugenio Alliata, archeologo e direttore della sezione archeologica del TSM. Il dibattito sulla loro origine è ancora aperto.

fig. 10

Lo stesso mistero circonda il complesso B – il quale sostiene l’arco d’ingresso del Catholicon – con la possibile eccezione dei capitelli trapezoidali. Infatti, diversi monogrammi a nome dell’imperatore bizantino Maurizio (582-602) e della sua famiglia offrono un indizio importante (fig. 10). Nessun intervento di questo imperatore è noto per il Santo Sepolcro. D’altra parte, gli archivi della Chiesa georgiana menzionano la dedica, da parte dello stesso imperatore, di una chiesa nelle vicinanze della tomba della Vergine nel Getsemani, ormai distrutta da tempo. L’ipotesi di un riutilizzo nell’XI secolo sembra quindi molto probabile.


Qualunque sia la loro origine, questi resti servirono come modello per la ricostruzione contemporanea del colonnato (fig. 11) che circonda la tomba di Cristo (ancora oggi al suo posto). Questo fatto ha offerto il vantaggio di un’unità stilistica per l’Anastasis, ma è pur vero che la ricostruzione si basa solo su questi pochi esempi, senza alcuna certezza che il resto del colonnato fosse disposto nello stesso modo. Bisogna anche sottolineare che i due grandi capitelli del complesso A erano invece troppo danneggiati al momento del loro ritrovamento per essere ricostruiti: diversi capitelli della chiesa di Kursi in Galilea vennero dunque usati come modelli.

Capolavori per la futura sala del “Santo Sepolcro”

La sezione archeologica del Terra Sancta Museum comprende un’ala dedicata ai vari santuari custoditi dai francescani. La Basilica del Santo Sepolcro, regina di tutti i luoghi santi, avrà naturalmente una sala riservata, che ospiterà questi resti. Tuttavia, date le dimensioni impressionanti di questi reperti e, soprattutto, il loro peso (diverse tonnellate), spostarli nel santuario della Flagellazione è una grande sfida che richiede un grande lavoro preliminare.


1. Isolamento e pulizia dei reperti

Questi resti furono trasferiti al Santuario del Getsemani e installati nel giardino del Romitaggio, dove sono stati usati come ornamento fino ad oggi. Quando sono stati trasportati alla Flagellazione per la conservazione, è stato necessario rimuovere la base su cui poggiavano, per misurarne le dimensioni (fig. 12) ed effettuare una scansione 3D (fig. 13).

Inoltre è stata necessaria una pulizia per rimuovere gli organismi (fig. 14, 15), soprattutto piante, sviluppati sulla loro superficie. Il prodotto utilizzato per questa operazione è stato sviluppato per i Musei Vaticani da uno studioso preoccupato dell’impatto di questo tipo di operazione sui pezzi da restaurare e anche sul loro ambiente (naturale o umano). La miscela, che non è inquinante, è infatti composta da prodotti naturali, tra cui l’origano.

Quest’ultimo dettaglio è importante perché la Palestina ha una varietà locale di origano, l’organum syriacum, che è molto conosciuto localmente perché usato nella composizione dello Zaatar, una spezia locale. Oltre ad essere naturale, questo prodotto ha il vantaggio di essere fatto interamente in loco con ingredienti disponibili in loco: insomma, un prodotto locale per recuperare un patrimonio locale.


2. Identificazione di crepe e fragilità

L’operazione più importante è però l’identificazione delle crepe che si sono gradualmente sviluppate nella pietra. Infatti – nel corso dei secoli – vibrazioni, incendi e intemperie hanno danneggiato questi resti e le loro conseguenze non sono sempre visibili o misurabili sulla superficie. Conoscere queste crepe significa poter intervenire prima del trasporto e dell’installazione dei pezzi, in modo da ridurre il rischio di ulteriori frammentazioni durante l’operazione.

Una delle tecniche utilizzate per l’identificazione è la termografia. Osservando le variazioni di temperatura sulla superficie della pietra, è possibile identificare le crepe – più fredde a causa dell’ingresso di aria e acqua – e valutare la loro profondità.


3. Campionamento dei pigmenti

L’ultima operazione è stata il campionamento di un estratto dello strato pigmentario rimasto sulla superficie di una delle colonne del complesso B. Questa operazione non è direttamente legata alla conservazione dei resti, bensì il suo scopo è quello di analizzare i pigmenti in laboratorio per ottenere una datazione più precisa dell’opera e, forse, la conferma della sua costruzione mille anni fa.



La ricollocazione di questi resti monumentali rappresenta uno dei cantieri più importanti e impressionanti del museo nel 2022. Questo intervento è essenziale per la piena apertura della sezione archeologica del Terra Sancta Museum, e le future sale dell’ala Saller sono già in fase di preparazione, per ospitare questo tesoro storico e archeologico. Tuttavia – date le condizioni meteorologiche instabili al momento della scrittura di questo articolo – questo trasferimento dovrà aspettare l’inizio di maggio per avvenire nelle condizioni migliori possibili. Come dice il proverbio: “La pazienza è la madre di tutte le virtù”…


(traduzione dal francese a cura di Eleonora Musicco)


[1] Dal greco antico “ανάσταση” che significa resurrezione. Per estensione, questo termine si riferisce allo spazio circolare, delimitato dalla rotonda, che ospita la tomba di Cristo nella Basilica del Santo Sepolcro.
[2] Un ordine architettonico creato nell’antichità greca, caratterizzato in particolare da capitelli decorati con foglie d’acanto.
[3] In architettura, l’imposta è una pietra sporgente posta in cima a un muro, un pilastro o una colonna e che sostiene la base di un arco.
[4] Il Catholicon è la chiesa principale o l’edificio di culto di un monastero cristiano ortodosso. Nella Basilica del Santo Sepolcro coesistono diversi monasteri (francescano, greco-ortodosso, armeno, etiope, copto e siriaco ortodosso). Il Catholicon è la chiesa dei greco-ortodossi, situata al centro della basilica, e il cui ingresso è rivolto verso la tomba di Cristo.
[5] Secondo San Girolamo erano stati eretti due templi. Un tempio dedicato a Giove sulla tomba di Cristo, un altro dedicato a Venere sul Calvario.

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