22 Settembre 2023

Panoramica dei laboratori del convento di San Salvatore da ieri ad oggi

di HENRI DE MEGILLE

Il convento di San Salvatore, nel cuore del quartiere cristiano di Gerusalemme, è un pullulìo che ospita numerose attività lavorative. Se già conosciamo l’antica farmacia o la tipografia francescana, altre botteghe tradizionali restano più nascoste ma sono le testimoni del dinamismo di questo convento e delle missioni dei frati della Custodia di Terra Santa. Ecco una panoramica.


Il mulino e il panificio nel quale si lavorava h24 per rifornire il pane quotidianamente a 5 conventi, ai poveri e ai pellegrini. Il forno è a due livelli e lavorava una tonnellata di farina al giorno, cuocendo così 2700 pani al giorno cioè 12000 alla settimana; la maggior parte di questo pane era distribuito ai poveri, il resto nei conventi. 

Quando missione fa rima con formazione

Ed io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare. E voglio fermamente che tutti gli altri frati lavorino di un lavoro quale si conviene all’onestà.” scrive San Francesco di Assisi nel suo testamento. Lo spirito francescano concepisce il lavoro come una virtù e diviene anche una necessità nel contesto della Terra Santa: infatti i frati francescani sono gli unici cristiani latini autorizzati a vivere a Gerusalemme e dunque sono costretti a vivere in maniera autosufficiente. Nel corso dei secoli hanno quindi sviluppato un’ampia serie di mestieri per rispondere, nei primi tempi, ai loro bisogni: mugnaio, panettiere, fabbro, produttore di organi, calzolaio, rilegatore, imbianchino, sarto, manovale, falegname, muratore, etc. In seguito, un ampio numero di apprendisti arabi, una volta usciti dagli orfanotrofi e dalle scuole dei francescani, sono stati formati a questi mestieri per aprire, una volta cresciuti, le loro botteghe in giro per la Palestina.

Nel 1730 si riscontra solo qualche apprendista. Agli inizi del XX secolo si contano 120 operai qualificati e le loro attività si mantengono attive fino al 1970. I frati innegabilmente hanno contribuito, con l’obiettivo di trasmettere e formare, allo sviluppo economico della città vecchia di Gerusalemme. Una mostra al convento ha reso omaggio ai lavoratori e agli operai e le loro tracce sono ancora visibili nella labirintica casa madre dei francescani in Terra Santa.  

Qualche laboratorio scomparso

Per trattare la descrizione degli antichi laboratori di San Salvatore, bisogna tenere conto dell’indispensabile album “Album Missionis Terrae Sanctae : Pars prima: Judaea et Galilaea” (Gualassini e Bertarelli) del 1893 e l’album dedicato al convento nel repertorio Sanctuaria Terrae Sanctae del 1895. Si testimonia, grazie alla presenza delle fotografie tra le prime stampate in Medio-Oriente, la vita quotidiana dei frati nella Palestina ottomana. Alcune di esse mostrano delle installazioni sorprendenti.

L’incredibile macchina a vapore

Dal XIX secolo all’inizio del XXI, il cortile delle botteghe ha aperto le sue attività al piano terra iniziando con una straordinaria macchina a vapore. Questa era composta da un sistema meccanico che prevedeva un’asse rotante sul quale erano fissate delle cinghie che davano energia a tutti i macchinari del convento: fucina, falegnameria, tipografia, mulino per la farina… l’asse di rotazione di questa dinamo era grande quanto la struttura dell’attuale biblioteca custodiale. Era saldamente fissata al muro da supporti molto imponenti come quello visibile dalla sala di lettura, che decreta l’ultimo reperto. 

La fucina dei frati

Questa fonte di energia è scomparsa insieme sia ai laboratori che alimentava ma anche alla fucina presente al primo piano. All’inizio del secolo scorso, la fucina impiegava 8 operai che lavoravano sotto la supervisione di un frate. Griglie, parapetti e vari lavori in ferro battuto sono stati fabbricati a San Salvatore. Molti di essi sono presenti nelle chiese di tutta la Palestina anche se alcuni sono stati rimaneggiati in seguito. Nella foto ricordo della bottega sono presenti delle volute metalliche, le stesse dei parapetti in ferro messe nella sede attuale dell’ufficio dei Beni Culturali della Custodia. Si trattava di elementi decorativi fabbricati per l’antica basilica dell’ Annunciazione di Nazaret. Il parapetto era posizionato allo stesso livello dell’altare e da una parte all’altra della scala che scendeva nella cripta. Essendo troppo piccola, la basilica fu ricostruita nel 1969 dall’architetto Giovanni Munzio ed è, ad oggi, la più grande del Medio Oriente. 

“Dare il la”: la fabbrica degli organi

Per accompagnare la liturgia nelle chiese di Terra Santa era importante equipaggiarele di organi a canne, in particolare la Chiesa madre del Santo Sepolcro, e di insegnare a suonare! Agostino Al’Ama una volta uscito dall’orfanotrofio dei francescani, ha passato circa 70 anni al Santo Sepolcro come organista. Direttore della “Schola Cantorum di Terra Santa” è stato anche un compositore di talento e pioniere di numerose innovazioni nella musica contemporanea palestinese. I frati ricordano ancora il francescano spagnolo Delfino Fernandez Taboada, ultimo fabbricante di organi della Custodia. Oggi invece è lo specialista austriaco Rieger che assicura la manutenzione tecnica degli organi della Custodia. 

I più antichi resti di organi conosciuti sono conservati nella collezione del Terra Sancta Museum. Si tratta dell’organo della chiesa della Natività di Betlemme. È stato sicuramente portato in Terra Santa dai Crociati francesi prima di essere seppellito alla fine del XII sec. e riscoperto, quasi casualmente, nel 1906. Sarà esposto nel museo storico attualmente in costruzione al convento di San Salvatore. Questa tradizione dell’organo si perpetra fino ad oggi e si estende agli altri territori della Custodia con il Terra Sancta Organ Festival

Gli artigiani del filo: calzoleria e rilegatoria

L’album del 1893 riporta l’esistenza di una calzoleria attiva tra i laboratori di San Salvatore; vi lavoravano sette operai e apprendisti che fabbricavano scarpe per 500 religiosi ma anche per “orfani e indigenti”. I loro modelli si possono trovare ancora oggi nei commerci locali.

La rilegatura è un tipo di artigianato che permette di assicurare ai libri l’integrità nel tempo; il processo migliore è quello che prevede la cucitura dei fogli tra di loro. Il mastro rilegatore aveva anche l’incarico di rimettere a nuovo i libri più usurati. Le ali del convento conservano, oltre alle presse antiche provenute dall’Europa centrale, una perforatrice che permetteva, in seguito alla stampa, di poter adeguare i bordi in cartone e cuoio così da terminare il lavoro di rilegatura. Se questo artigianato manuale non è più usuale nel convento, la tipografia della Franciscan Printing Press esiste ancora e i suoi macchinari sono rilocalizzati a Befhage, sul Monte degli Ulivi.

Dei laboratori sempre attivi

I laboratori di San Salvatore testimoniano il legame antico e stretto che c’è tra i Francescani e la popolazione araba della città santa. Seguendo la tradizione, la Custodia impiega, ad oggi, circa 1200 impiegati di cui un ampio numero è formato da operai e artigiani presso il convento

La sartoria o l’alta moda francescana

“È un affare calmo e sereno che la venerabile barba bianca del capo illumina con un’aureola Patriarcale”… così padre Bonaventura Sanson descriveva nella rivista della Terra Santa la sartoria nel 1939. Con una dozzina di impiegati il servizio raggruppa la lavanderia e la sartoria; quest’ultima è una delle attività più dinamiche della Custodia. Al servizio dei frati, dei santuari, delle scuole e dei pellegrini la sartoria gestisce il ciclo dei tessuti, dei paramenti religiosi e confeziona, ogni anno, un centinaio di abiti franciscani.

Le sue attività erano situate nel cuore del convento, dove ora sorge il cortile occupato dagli uffici dell’associazione Pro Terra Sancta che vengono in aiuto alle opere della Custodia. Si riconoscono il luogo dove sorgeva la lavanderia grazie alla cisterna la cui acqua serviva al lavaggio. La carrucola con il suo serbatoio permetteva di far asciugare i tessuti nel cortile superiore; lì i tessuti erano ripassati e rammendati. 

Una falegnameria moderna

Alla fine del XIX secolo la falegnameria del San Salvatore aveva 28 impiegati insieme ai loro apprendisti. I banchi dei santuari, i confessionali e le porte delle numerose chiese della Custodia sono prodotti della falegnameria di San Salvatore. Maurizio, falegname professionale volontario al servizio dei beni culturali è testimone di questa emulazione: “Quando rivedo ciò che è stato fatto, vedo la fede degli artigiani che, come me oggi, erano al servizio della Custodia. (…) Ho scoperto che alcuni mobili che mi piacciono qui nella Custodia sono stati creati all’epoca nella quale c’era una falegnameria gestita dai frati che avevano come aiutanti ed apprendisti gli abitanti di Gerusalemme e dei paesi limitrofi. (…) anche l’artigianato locale è stato influenzato dalla loro presenza.”

L’abilità del falegname ebanista si trasmette, nel presente, con Khalil Shaeed e i suoi accoliti; ad esempio in prossimità di alcune solennità, come quella della Visitazione che cade il 31 maggio, gli artigiani hanno costruito un altare monumentale dedicato alla Vergine Maria che viene onorata, alla fine, da una grande processione nel quartiere cristiano. 

L’ufficio tecnico e la sua eredità 

Nel corridoio dove un tempo sorgevano i laboratori dei tagliatori di pietre e i muratori, ad oggi troviamo gli Uffici tecnici che si occupano dei lavori di manutenzione dei santuari e dei conventi della Custodia. Tra il restauro della cappella latina del Santo Sepolcro, del refettorio di San Salvatore, i lavori di costruzione del Terra Sancta Museum… gli 8 operai, con aiuti esterni da una squadra tecnica, sono su tutti i fronti. Le botteghe di un tempo si sono naturalmente professionalizzate, accogliendo nel lavoro anche architetti ed ingegneri che comunicano tra loro. 

Attualmente, benché i bisogni si siano evoluti, la Custodia continua a mantenere questo tipo di formazione ai mestieri manuali in sinergia con la comunità locale. È il caso del Mosaic Center di Gerico che mette su workshop formativi sull’architettura organizzati dal Terra Sancta Museum e dall’Università di Betlemme. Il progetto del Terra Sancta Museum, portato sulla piazza da una giovane squadra sia palestinese che internazionale, si inscrive in questa continuità: lo spirito di apprendimento e di condivisione delle conoscenze e il gusto del bello ereditato dai discendenti degli artigiani di San Salvatore. 

(Traduzione dal francese a cura di Noemi Lomonte)

Ringraziamenti :

Si ringraziano fr. Stéphane Milovitch ofm, direttore dell’Ufficio dei beni culturali della Custodia di Terra Santa, e a Marie-Armelle Beaulieu, direttrice della rivista Terre Sainte, per la raccolta degli archivi e delle memorie.

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